Internazionalizzare con successo: il ruolo chiave delle risorse locali
(Contenuto fornito da Octagona Srl)
In un contesto geopolitico caratterizzato da conflitti regionali, riallineamenti commerciali e un crescente ritorno a politiche protezionistiche, il paradigma competitivo delle PMI italiane sta subendo un’accelerazione senza precedenti. Catene di fornitura sempre più distribuite su più continenti impongono un controllo diretto dei nodi critici, mentre l’aggiornamento incessante delle normative doganali richiede un presidio normativo puntuale per evitare ritardi, dazi aggiuntivi e sanzioni.
In questo scenario, l’internazionalizzazione non è più una leva opzionale di crescita, ma si configura come pilastro strategico imprescindibile per la resilienza e la competitività del tessuto manifatturiero italiano. Il Rapporto ICE 2023/24 certifica esportazioni oltre i 626 miliardi di euro, collocando l’Italia al sesto posto tra gli esportatori mondiali; contestualmente, i più recenti dati Istat (marzo 2025) rilevano un incremento tendenziale del +5,8 %, trainato soprattutto dai mercati extra‑UE, in primis Nord America, ASEAN e India. Tuttavia, affinché questo slancio macroeconomico si traduca in performance di bilancio tangibili, sono indispensabili competenze verticali, dalla gestione doganale alla finanza per l’export, e, soprattutto, un presidio continuativo dei mercati di destinazione, capace di intercettare tempestivamente rischi e opportunità.

Il vantaggio competitivo delle risorse locali
La prossimità culturale e geografica al mercato di sbocco costituisce un asset strategico al pari di capitale e tecnologia. Affidare la conduzione operativa, o il presidio commerciale in outsourcing, a professionisti stabilmente radicati nel Paese target consente di superare i costi di liability of foreignness, ovvero quelle inefficienze derivanti dall’essere percepiti come attori esterni al contesto locale. Tali figure, grazie alla loro conoscenza diretta dell’ambiente normativo, delle dinamiche relazionali e dei codici culturali impliciti, favoriscono l’integrazione dell’impresa nel tessuto economico ospitante, riducendo tempi di negoziazione, rischi reputazionali e costi di adattamento. In un contesto in cui la velocità di esecuzione e la capacità di anticipare i cambiamenti del mercato determinano il successo di un’iniziativa internazionale, la presenza di risorse locali rappresenta un moltiplicatore di efficacia operativa e una garanzia di continuità nel tempo.
Temporary Export Manager (TEM): il catalizzatore dell’espansione
Figura manageriale ad altissima specializzazione, il Temporary Export Manager (TEM) viene inserito in azienda per un arco temporale definito, assume la piena responsabilità di progettare, implementare e presidiare il processo di ingresso nei mercati esteri, mettendo a disposizione un livello di expertise difficilmente reperibile in tempi rapidi tramite assunzione diretta.
In fase iniziale, il TEM realizza una diagnosi approfondita dell’azienda, utilizzando strumenti di analisi competitiva per individuare i mercati esteri più promettenti e coerenti con i criteri richiesti. Successivamente, definisce il modello di ingresso più adatto, selezionando i canali distributivi e le leve commerciali in funzione delle caratteristiche locali della domanda e delle normative doganali vigenti. Una volta avviata l’operatività, il TEM supervisiona la contrattualistica internazionale, assicura la conformità normativa e coordina gli aspetti logistici e finanziari delle transazioni cross-border. Fondamentale è infine il passaggio di competenze: attraverso affiancamento diretto e strumenti di misurazione delle performance, il TEM consolida internamente processi e know-how export, rafforzando l’autonomia dell’impresa nel lungo periodo. I risultati parlano chiaro: secondo una recente analisi su oltre 200 progetti supportati da SIMEST tra il 2021 e il 2024, le imprese che si sono avvalse di un TEM hanno registrato un aumento medio del fatturato estero del 22% entro un anno, con un tempo di rientro dell’investimento inferiore ai dodici mesi in quasi sette casi su dieci.

Buyer dedicato: sourcing strategico on‑site
Di fronte a fenomeni come l’inflazione delle materie prime, l’instabilità geopolitica o l’inasprimento delle normative ambientali e doganali, le imprese più resilienti sono quelle che hanno saputo dotarsi di un presidio diretto e qualificato nei Paesi chiave di fornitura.
In tale scenario, la figura del Buyer si sta affermando come risorsa cruciale per le aziende che intendono combinare efficienza economica, controllo qualitativo e sostenibilità. Si tratta di un professionista esperto del settore di riferimento che opera full-time all’interno del Paese fornitore, agendo come estensione integrata dell’ufficio acquisti centrale.
Grazie alla sua presenza sul campo, è in grado di mappare in modo sistematico nuove fonti di approvvigionamento, selezionando fornitori in grado di garantire continuità, affidabilità e conformità agli standard richiesti. Non si tratta solo di negoziare condizioni economiche più vantaggiose, ma anche di effettuare audit regolari, verificare certificazioni internazionali e monitorare eventuali criticità nella capacità produttiva.
Tutto questo avviene senza la necessità di costituire una filiale locale o di impiegare risorse interne in trasferte continue e onerose: l’azienda mantiene una struttura leggera, ma beneficia di un controllo operativo simile a quello che otterrebbe con una presenza diretta in loco. Secondo una media rilevata su progetti realizzati tra il 2021 e il 2024, l’introduzione di un Buyer ha comportato una riduzione dei costi operativi fino al 30%, oltre a un miglioramento significativo nella qualità e nella puntualità delle forniture.
Le stesse modalità si possono applicare ad un buyer di carattere commerciale, dunque disporre di una figura specializzata direttamente operativa sul mercato estero. In questo caso si parla di inserire un professionista con esperienza settoriale specifica che agisce come referente commerciale esclusivo dell’azienda nel Paese target. Questa risorsa, pur operando localmente, è totalmente integrata nella strategia e nei processi del committente, garantendo una presenza continuativa, reattiva e culturalmente allineata, senza richiedere l’apertura di una sede legale o di una stabile organizzazione. Una soluzione agile, che consente di presidiare il mercato in modo diretto e professionale, accelerando i tempi di ingresso e aumentando la capacità di generare opportunità qualificate.
Le imprese che desiderano rafforzare la propria presenza sui mercati esteri non possono più contare solo su iniziative saltuarie o su strutture interne generaliste: è necessario attivare risorse qualificate, già inserite nel contesto locale, in grado di agire con tempestività, consapevolezza culturale e competenze settoriali. Le figure del Temporary Export Manager, del Buyer tecnico o commerciale in-market rappresentano strumenti evoluti di presidio del mercato e di ottimizzazione della supply chain, accessibili anche senza investimenti strutturali onerosi. Per il sistema produttivo italiano, si tratta di un’opportunità concreta per tradurre l’attuale slancio dell’export in crescita sostenibile, rafforzando la resilienza delle filiere e il posizionamento competitivo delle PMI nel medio-lungo periodo.

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