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La politica commerciale di Trump: come cambia il mondo dei commerci e come risponde l'Unione Europea

(Contenuto fornito da Studio Legale Padovan)

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha segnato una rottura sempre più profonda con il multilateralismo, già in declino da tempo: la crisi dei mutui subprime del 2008 ha rappresentato il primo segno tangibile di un lungo processo di erosione, seguito dall'annessione della Crimea nel 2014 da parte della Russia, dall’impasse dell’Appellate Body dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nel 2019 e dall’ulteriore destabilizzazione portata dalla pandemia del Covid-19 nel 2020. Tutti indicatori chiari che l'ordine internazionale, costruito sul delicato equilibrio della globalizzazione c.d. “win-win”, era ormai compromesso.

Fino a poco tempo fa, la reazione a tale erosione aveva portato a un mondo sempre più “bipolare”, con i paesi cosiddetti "like-minded", uniti poi, nella risposta all’invasione dell’Ucraina, nella Global Export Control Coalition (GECC) e guidati dagli Stati Uniti, che si confrontavano con potenze emergenti come la Cina o con altri attori internazionali in cerca di nuovo spazio, i BRICS o, infine, con la Russia che si vede risorta al rango di potenza planetaria. Con il ritorno di Trump il panorama si presenta più complesso con un – in parte inaspettato - riorientamento delle alleanze tradizionali, come dimostra il voto all'ONU del 24 febbraio 2025, in cui gli Stati Uniti (con Israele) si sono schierati per la prima volta con la Russia e la Corea del Nord, contrapposti alla posizione europea (tranne l’Ungheria), che chiedeva il ritiro delle truppe russe dall'Ucraina.

In questo nuovo riassetto (anche) geopolitico si assiste a una c.d. "weaponisation" del commercio internazionale, con il ritorno del protezionismo e del sovranismo economico. La globalizzazione diventa uno strumento di competizione e la retorica dello “Stato fortezza” emerge come unica risposta al caos geopolitico, con gli Stati Uniti che impiegano la politica commerciale come strumento di potenza, trattandola come una vera e propria arma politica attraverso l’utilizzo di dazi, sanzioni e politiche selettive. 

Le prime mosse in materia di politica commerciale internazionale hanno riguardato l’introduzione di barriere tariffarie, in primis contro Canada e Messico, due partner strategici legati agli Stati Uniti dall’USMCA (United States-Mexico-Canada Agreement). I dazi, inizialmente annunciati il 1° febbraio e poi sospesi, sono entrati in vigore il 4 marzo 2025, nella misura del 25%, ad eccezione delle importazioni di energia canadese, soggette a dazi ridotti al 10%. Tuttavia, a seguito anche dell’Executive Order adottato il 2 aprile, tali misure sono state limitate e si applicano, oggi, a tutte le merci originarie da tali paesi, che non rispettano le regole per l’attribuzione dell’origine preferenziale stabilite dall’USMCA. 

Inoltre, con due Proclamation del 10 febbraio 2025, Trump ha aggiornato le misure adottate nel 2018 che imponevano dazi su alluminio e acciaio ai sensi dell’articolo 232 del Trade Expansion Act del 1962, in materia di tutela della sicurezza nazionale. Le modifiche apportate consistono nell’eliminazione delle esenzioni precedentemente esistenti nei confronti di UE, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Messico, Corea del Sud, Giappone Regno Unito e Ucraina. In particolare, è stato introdotto un dazio ad valorem del 25% sull’acciaio e su determinati prodotti di acciaio importati negli USA, mentre l’aliquota daziaria prevista per l’importazione di alluminio e di determinati prodotti di alluminio è stata innalzata dal 10% al 25%. 

Per quanto riguarda la Cina, i dazi entrati in vigore il 4 febbraio, inizialmente fissati al 10%, sono stati raddoppiati al 20%. In risposta, Pechino ha:

  • imposto, dal 10 marzo, dazi dal 10% al 15%, mirando in particolare all’industria agroalimentare statunitense;
  • inserito 15 aziende statunitensi in una Export Control List, vietando la fornitura di tecnologie a duplice uso;
  • imposto dazi del 15% su carbone e gas naturale liquefatto e del 10% sul petrolio greggio;
  • bloccato l’esportazione di cinque metalli critici e prodotti correlati, utilizzati anche nei settori dell’energia e della difesa, settore strategico di cui la Cina domina la produzione globale.

Come disposto dal National Security Presidential Memorandum on FDI del 21 febbraio, l’America di Trump è anche determinata ad attrarre gli investimenti esteri, ad accezione di quelli provenienti da “foreign adversaries” come la Cina (ma anche Cuba, Iran, Corea del Nord, Russia e Venezuela). In particolare, devono essere evitati gli investimenti da parte dei c.d. “PRC-affiliated persons” in settori strategici quali tecnologia, infrastrutture critiche, sanità, agricoltura, energia e materie prime. In questo contesto, vale la pena ricordare le aspirazioni territoriali imperiali di Donald Trump sulle risorse minerarie e le rotte commerciali e militari strategiche in Canada, Groenlandia, Panama e, più recentemente, in Ucraina, che mirano anche a costruire una supply chain autonoma dalla Cina nei settori strategici. Secondo il Peterson Institute for International Economics i dazi sui prodotti messicani, canadesi e cinesi costeranno alla famiglia media USA 1.200 dollari all’anno. È verosimile infatti che le misure introdotte aumenteranno i costi per i consumatori USA o causeranno un aumento del deficit federale, avendo in generale l’effetto di intaccare la crescita economica. Tuttavia, Trump sembra accettare queste ricadute come il prezzo da pagare per incentivare il reshoring e la desiderata indipendenza strategica.


 

Secondo il Peterson Institute for International Economics i dazi sui prodotti messicani, canadesi e cinesi costeranno alla famiglia media USA 1.200 dollari all’anno. È verosimile infatti che le misure introdotte aumenteranno i costi per i consumatori USA o causeranno un aumento del deficit federale, avendo in generale l’effetto di intaccare la crescita economica. Tuttavia, Trump sembra accettare queste ricadute come il prezzo da pagare per incentivare il reshoring e la desiderata indipendenza strategica.

Il 2 aprile, data tanto attesa per l’aggiornamento delle misure tariffarie, il Presidente Donald Trump ha adottato i c.d. dazi reciproci con l’obiettivo di ristabilire l’equilibrio nei rapporti commerciali tra gli USA e i propri partner commerciali. Le misure oggetto dell’Executive Order hanno introdotto:

  • Un dazio ad valorem del 10% sull’importazione di tutte le merci provenienti da qualunque paese terzo a partire dal 5 aprile 2025 (sebbene con alcune eccezioni);
  • a partire dal 9 aprile 2025, tale dazio sarà aumentato per i beni originari dei paesi elencati nell’Allegato I dell’E.O., applicando una aliquota differenziata per paese. 

Tra gli altri, i seguenti dazi ad valorem saranno pagabili sui beni originari dai seguenti paesi:

  • Unione europea: 20%;
  • Repubblica Popolare Cinese: 34%;
  • India: 27%;
  • Giappone: 24%.

Si segnala che la tariffa del 34% imposta dal Presidente Trump il 2 aprile, nei confronti di tutti i prodotti originari della Repubblica Popolare Cinese e importati negli USA, è stata successivamente aumentata del 50% con un nuovo Executive Order dell’8 aprile, portando il valore complessivo del dazio sui prodotti cinesi al 104%. La misura è stata adottata dopo che Pechino non ha rinunciato alla sua promessa di imporre dazi speculari del 34% sui prodotti originari degli Stati Uniti, ed è entrata in vigore il giorno dopo, il 9 aprile 2025. In risposta, la Cina ha equiparato l’incremento, annunciando l’introduzione di dazi per un totale dell’84% sulle importazioni di prodotti statunitensi, che entreranno in vigore nelle prossime ore. 
Inoltre, il 2 aprile è stata anche pubblicata la lista dei beni soggetti ai dazi precedentemente annunciati il 26 marzo 2025 con la Proclamation 10908. In particolare, il presidente Trump ha introdotto, un dazio ad valorem del 25% sui prodotti del settore automotive. La tariffa in questione si applica, per le automobili, a partire dal 3 aprile 2025. Per quanto concerne invece le parti di automobili, la tariffa si applicherà a partire dal 3 maggio 2025.

Regulatory Freeze Pending Review

Con l’ordine esecutivo Regulatory Freeze Pending Review del 20 gennaio 2025, il governo USA ha di fatto previsto un “congelamento normativo” di tutti gli atti regolatori, per consentirne la revisione;


Executive Order 14192

Sullo stesso filone è intervenuto l’Executive Order 14192 del 31 gennaio, il c.d. “10 for 1”, con il quale è stato previsto che ogni nuovo atto regolatorio emanato debba prevedere l’identificazione di almeno 10 atti da eliminare; 


Executive Order
10 febbraio

Ha sospeso per 180 giorni i procedimenti del Dipartimento della Giustizia sul Foreign Corrupt Practice Act, sulla corruzione internazionale. Donald Trump, da sempre critico dell'FCPA, ritiene che l'applicazione di tale legge ostacoli l’ingresso delle aziende statunitensi nei mercati esteri, mettendo a rischio la "competitività economica degli Stati Uniti e, di conseguenza, la sicurezza nazionale”. 

In parallelo, la Casa Bianca, con Elon Musk alla guida del "Dipartimento per l'Efficienza del Governo" (Doge), ha avviato piani per ridurre drasticamente le dimensioni della forza lavoro federale, attraverso il licenziamento di 200.000 dipendenti e gli incentivi concessi ad altri 75.000 per lasciare volontariamente il proprio lavoro. È quindi un’America più leggera, meno regolamentata e più spregiudicata.


 

La reazione dell'Unione Europea

Esclusa dai negoziati di pace tra Stati Uniti, Russia e Ucraina, con Trump che sembra sempre più orientato a rivedere anche il rapporto con l'Alleanza Atlantica, avvertendo l’UE che la sicurezza del continente non rappresenta più una priorità degli USA, Bruxelles si trova a dover affrontare autonomamente, e nel breve termine, oltre alla guerra commerciale, anche le proprie esigenze di difesa militare. Il primo passo è stato il via libera dei leader europei al piano “Rearming Europe”, che ha l’obiettivo di mobilitare 800 miliardi di euro al fine di rafforzare le capacità di difesa dell’Unione. 

In risposta alla reintroduzione delle misure USA per acciaio e alluminio, la Commissione ha annunciato l’adozione di contromisure sulle esportazioni statunitensi, che potrebbero riguardare importazioni di beni di origine USA per un valore di 26 miliardi di euro. Inoltre, la Commissione potrebbe valutare anche l’utilizzo del Regolamento (UE) 2023/2675 sulla coercizione economica, che consente l’adozione di misure quali dazi doganali, restrizioni commerciali, finanziarie e settoriali, in risposta ad atti coercitivi posti in essere da Paesi terzi che violino il diritto internazionale e influenzino le decisioni sovrane dell’Unione o degli Stati membri. 

Tuttavia, rispetto a quanto espresso in un comunicato stampa del 12 marzo, secondo cui era stato previsto l’avvio delle misure già dal 1° aprile, la Commissione ha deciso di posticipare l’adozione delle contromisure alla metà di aprile, anche al fine di perfezionare la risposta dell’Unione in vista delle ulteriori misure statunitensi attese per il 2 aprile, le quali hanno colpito con un dazio del 20% tutti i prodotti importati dall'Unione Europea.

In un Comunicato del 3 aprile, la Presidente della Commissione Von der Leyen, ha dichiarato che l’Unione Europea è pronta a negoziare con gli Stati Uniti per rimuovere le barriere al commercio transatlantico, al fine di trovare una soluzione “reciprocamente accettabile”. In particolare, l’UE ha offerto agli Stati Uniti un accordo c.d. “zero-for-zero” per rimuovere i dazi su tutti i beni industriali. Tuttavia, la Commissione ha anche affermato che l’UE sta finalizzando il primo pacchetto di contromisure in risposta alle tariffe sull'acciaio, preparandosi all’eventuale adozione di ulteriori contromisure, al fine di proteggere gli interessi e le imprese europee nel caso in cui le negoziazioni falliscano. 

La strategia dell’Unione per rispondere alla crisi commerciale poggia sui pilastri dell’unità, della diversificazione e dell’armonizzazione. L’UE sa che deve reagire compatta, ma anche guardare a nuovi mercati attraverso una diversificazione dei partner economici: negli ultimi mesi l’UE ha firmato accordi con i paesi del Mercosur, con il Messico, la Svizzera, e intende negoziare un accordo con l’India. Inoltre, il prossimo vertice UE-Regno Unito del 29 maggio sarà l’occasione per rafforzare la cooperazione con il partner britannico in settori chiave, tra cui la sicurezza, la difesa e l’economia. Infine, l’esecutivo comunitario è consapevole della necessità di rafforzare il Mercato Unico, come raccomandato nei Rapporti Draghi e Letta, eliminando le barriere esistenti e razionalizzando la regolamentazione, che scoraggiano l’innovazione e la competitività europea. 

In conclusione, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca segna un momento cruciale nel panorama geopolitico e nella politica commerciale internazionale. Il ritorno al protezionismo, con l’aggressiva politica dei dazi e il ripensamento delle alleanze tradizionali, la seconda amministrazione Trump sta ridefinendo gli equilibri globali. In questo contesto, l’Unione europea è chiamata ad affrontare sfide che per troppo tempo sono state ignorate e deve reagire coesa per evitare di restare ai margini dello scenario globale, subendo le decisioni altrui. In un mondo in cui la politica internazionale riflette sempre più la politica commerciale la strategia di sicurezza, l’Europa non può permettersi di restare a guardare. 

 

Data ultimo aggiornamento: 08/04/2025

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