Trump di nuovo presidente degli USA: quali sono i mercati a rischio?
(Contenuto fornito da Octagona Srl)
Dazi, protezionismo e sfide globali: come il nuovo mandato presidenziale potrebbe ridisegnare il futuro delle imprese italiane negli USA.
A valle delle ultime elezioni per la presidenza degli Stati Uniti, non tardano ad arrivare nuove preoccupazioni per le imprese italiane che esportano in America. Gli Stati Uniti, secondo mercato di sbocco per il Made in Italy con un export di oltre 67 miliardi di euro nel 2024, potrebbero introdurre dazi fino al 20% sulle importazioni europee. Il ritorno della politica “America First” decanta un’economia più protezionista e nazionalista, che potrebbe portare a conseguenze non troppo positive per le aziende italiane operanti nel mercato americano. Ma la situazione è davvero così allarmante?
Rilancio dell’“America First” e la reazione dei mercati
Il nuovo scenario post elezioni preannuncia un ritorno all’approccio economico di “America First”, basato su politiche protezioniste e nazionaliste che potrebbero aumentare i dazi, ridurre le imposte e incentivare la produzione interna. La certezza di questa direzione ha tranquillizzato i mercati azionari, facendo salire le azioni statunitensi e il dollaro, mentre i tassi dei titoli di stato USA hanno segnato un aumento.
Alcuni economisti sostengono che i mercati avessero già in parte previsto una vittoria di Trump, generando una reazione positiva nel settore azionario e un rialzo nei tassi di interesse. Anche i rendimenti dei Treasury statunitensi sono aumentati, riflettendo le aspettative di politiche fiscali più espansive.
Secondo gli esperti, la politica orientata alla crescita economica tramite una riduzione fiscale e l’aumento dei dazi potrebbe favorire l’azionario americano a discapito dell’obbligazionario. Tuttavia, l’inflazione potrebbe aumentare, portando a un possibile “steepening” della curva dei rendimenti, come osservato da Marco Midulla di Symphonia SGR.
Implicazioni per l’Europa: qual è il futuro dell’export italiano?
L’Europa potrebbe subire contraccolpi economici: la politica protezionista USA comporterebbe nuovi dazi sulle importazioni e ulteriori sfide per le esportazioni europee. Secondo gli esperti, un dazio del 10% sulle importazioni USA ridurrebbe il PIL europeo dello 0,2% entro il 2025.
Inoltre, il mercato azionario europeo risulta già sottoesposto agli investitori internazionali, limitando però l’attrattiva dell’Europa rispetto al mercato USA. Per quanto riguarda lo scenario economico del mercato italiano, è risaputo che gli Stati Uniti siano uno dei partner commerciali più importanti per il nostro Paese, ma la quota delle esportazioni italiane verso il mercato statunitense potrebbe essere messa a rischio.
Se si proseguisse davvero con l’approccio protezionista, le imprese italiane potrebbero nuovamente affrontare dazi su prodotti di punta del Made in Italy come vino, formaggi e macchinari.
Già nel primo mandato, queste tariffe avevano colpito il settore agroalimentare italiano, riducendo le esportazioni negli USA e mettendo in difficoltà i produttori italiani sul mercato americano. Anche nei settori tecnologico e automobilistico le imprese rischierebbero di essere colpite dalla politica protezionistica, con potenziali problemi nell'approvvigionamento dei componenti essenziali e un aumento dei costi di produzione.
Tuttavia, il recente avvicinamento del governo italiano agli USA potrebbe portare benefici economici, come maggiori investimenti americani in Italia, specialmente in settori come tecnologia ed energie rinnovabili. Ma è anche vero che l’Italia potrebbe rischiare di perdere influenza in Europa, dove spesso gli interessi commerciali non coincidono con quelli statunitensi, ad esempio sulle tariffe e sulla regolamentazione digitale.
Un allineamento troppo stretto con Washington potrebbe portare l’Italia a una posizione isolata e indebolire la sua capacità di negoziare condizioni favorevoli all’interno dell’UE e con altre potenze come la Cina e il Giappone.
È, però, innegabile che l’imposizione di dazi indiscriminati danneggerebbe anche l’economia statunitense: è improbabile che vengano colpiti beni industriali, fondamentali per l’export italiano, proprio per la loro rilevanza anche per il mercato americano. Le misure restrittive sembrano invece rivolgersi principalmente alla Cina, anche se la posizione di Pechino come principale finanziatore del debito pubblico USA pone dei limiti all’aggressività americana.
Il secondo mandato di Trump porta con sé sfide e opportunità. Se le azioni USA e il dollaro sembrano i principali beneficiari, gli effetti sull’Europa potrebbero portare a tensioni commerciali e moderare la crescita. Gli incentivi agli investimenti potrebbero, però, creare nuove occasioni per le imprese italiane, proponendosi come alternativa di qualità ai produttori cinesi.
Il governo italiano avrà un ruolo essenziale nel bilanciare le relazioni con gli USA senza compromettere l’integrazione europea e nel definire una strategia chiara per supportare le aziende italiane a prosperare in questo nuovo panorama globale.
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